Verso una musicoterapia multiculturale
di
Antonietta De Vivo
I musicoterapisti sono oggi sempre più chiamati a lavorare con
pazienti con diversi background culturali a causa dei fenomeni migratori
che hanno portato anche i paesi europei ad essere dei melting pot. Essi
hanno quindi bisogno di essere consapevoli sia della propria visione
del mondo che di quella dei loro pazienti. Questo non è un compito
facile considerato che nei programmi di formazione la multiculturalità è
un aspetto che non viene solitamente preso nella dovuta considerazione.
Molte obiezioni al riguardo potrebbero essere basate sull’idea che
basti lavorare in maniera sensibile ed empatica per superare qualsiasi
genere di barriera culturale, che basti essere aperti agli altri e
riconoscere che esistono somiglianze e differenze.
Le linee guida della American Psychological Association (1993)
suggeriscono che dal punto di vista etico gli operatori della salute, e
quindi anche i professionisti della musicoterapia, dovrebbero
“riconoscere la diversità culturale, comprendere il ruolo svolto dalla
cultura e dall’eticità, capire l’interazione di cultura, genere e
orientamento sessuale con i comportamenti e i bisogni”
Rogers (1957) riteneva che avere una comprensione empatica della
struttura interna di riferimento del paziente e che trasmettere questa
empatia fossero due condizioni che devono essere presenti affinché un
cambiamento terapeutico possa avere luogo. Sebbene Rogers avesse in
mente il counselling e la psicoterapia, tutto ciò è valido anche per la
musicoterapia. Si può essere decisamente d’accordo sul fatto che
un’empatia generica non è sufficiente quando si lavora con una
popolazione multietnica. L’
empatia culturale, così la si
potrebbe definire, è diventata un’altra “condizione necessaria” a causa
dei contesti multiculturali nei quali ci si trova ad operare.
Due autori, Ridley e Linge (1996), sostengono che questo tipo di
empatia è diversa da quella generica e non può essere un automatismo in
quanto “le differenze nello sviluppo e nella socializzazione tra un
counsellor e un paziente risultano in differenze nell’elaborazione
dell’informazione e nell’espressione del sé”. Gli stessi autori
considerano due categorie di empatia culturale: nomotetica (le norme
culturali di un particolare gruppo) e idiografica (la realtà culturale
personale del paziente). Bisogna sottolineare, inoltre, che all’interno
dello stesso gruppo di persone culturalmente simili esistono differenze.
Basti pensare alle regioni italiane che, pur condividendo gli stessi
stilemi e valori nazionali, costituiscono un esempio calzante di
differenze culturali a volte molto spiccate. Ridley e Linge
suggeriscono, inoltre, di bilanciare i due aspetti per avere maggiori
informazioni sul paziente.
L’antropologia musicale (o etnomusicologia) studia la musica “nella”
cultura e “in quanto” cultura. Questa disciplina offre utili contributi
al musicoterapista che lavora in un ambito multiculturale. Generi di
musica diversi che provengono da periodi diversi o paesi diversi sono
espressione di modi originali di concepire la musica e di specifiche
funzioni che la musica assolve all’interno dei vari contesti culturali.
Alan Merriam ha dato un forte impulso agli approfondimenti antropologici
sulla musica come fenomeno culturale elencandone dieci funzioni
(stimolo alla risposta fisica – forma di comunicazione – linguaggio
delle emozioni – rappresentazione simbolica – rinforzo della conformità
alle norme sociali – convalida delle istituzioni sociali e dei rituali
religiosi – contributo alla continuità e alla stabilità della cultura –
contributo all’integrazione sociale –godimento estetico –
intrattenimento) e sottolineando quanto essa sia parte dei significati
condivisi da una comunità.
Consideriamo, ad esempio, lo scenario di un musicoterapista che debba
lavorare con un anziano paziente asiatico del quale gli è stato riferito
che ama molto le canzoni che fanno parte della sua storia personale.
Il musicoterapista fa una ricerca su queste canzoni e ne impara alcune.
Nel momento in cui deve incontrare il nuovo paziente, gli si siede
accanto, cerca il contatto visivo, gli sorride e canta e cerca di
esplicitare la sua partecipazione nelle attività musicali. Questo non
sarebbe considerato un comportamento insolito o inappropriato in molte
pratiche musicoterapeutiche. Tuttavia il modo in cui esprime la propria
empatia, incluso il contatto visivo, che nella cultura italiana potrebbe
essere considerato come una dimostrazione di interesse, preoccupazione,
attenzione, potrebbe essere interpretato, nelle culture dei paesi
asiatici, come inappropriata e come una mancanza di rispetto.
Patricia Arredondo, che da tempo lavora nell’ambito del counseling
multiculturale, ci suggerisce che l’empatia ha diverse forme di
espressione e significato nelle diverse culture. Pertanto si potrebbe
affermare che l’empatia culturale è un concetto dinamico che viene
sperimentato a livello emotivo, cognitivo e di comportamento. E che è
necessaria nell’esperienza terapeutica.
La nostra visione del mondo ci informa di cosa è ritenuto “normale”
nella nostra cultura, ma le norme culturali possono variare
sensibilmente, come visto nell’esempio sopra riportato. Nella cultura
occidentale l’individualismo è considerato come segno di maturità ed
indipendenza mentre in altre, come quelle asiatiche, la collettività è
considerata maggiormente importante. Il rispetto per gli anziani e le
gerarchie, fondamentali nelle società confuciane, hanno un posto diverso
nella scala di valori occidentale. E’ quindi necessario che il
musicoterapista diventi familiare con la visione del mondo del paziente
per applicare interventi terapeutici nel quadro del corretto contesto
culturale.
Un ulteriore problema è posto dalla percezione della musica come
linguaggio universale a causa della sua capacità di comunicare ed
evocare potenti emozioni. Alcuni etnomusicologi e, nello specifico della
musicoterapia, Even Ruud (1988) sostengono che la musica sia percepita
simbolicamente e che, quindi, non sia un linguaggio, cioè che il suo
contenuto non venga trasmesso attraverso la musica ma che sia piuttosto
l’ascoltatore ad attribuire un significato simbolico a ciò che ascolta.
Altri autori come Blacking (1987) sostengono, di contro, che la musica
può trascendere le barriere culturali ed essere compresa al di là delle
diverse etnicità in quanto gli esseri umani posseggono un repertorio
comune di stati somatici e funzioni cognitive e possono quindi
condividere una trascendenza di tempo, luogo e cultura. Tuttavia se ciò è
vero non è possibile negare l’importanza delle associazioni extra
musicali ad essa collegate che fanno sì che i riferimenti culturali
siano diversi. Tradizioni, rituali e ruolo della musica nelle diverse
culture devono necessariamente essere prese in considerazione. Questo
aspetto, affascinante per tutte le implicazioni e i campi che potrebbero
essere indagati, deve essere considerato attentamente dal
musicoterapista nel suo lavoro in ambito multiculturale altrimenti
rischia, come suggerito da Ruud, di “ridursi a fornire un nuovo
linguaggio o un nuovo modello”.
Man mano che il campo di azione della musicoterapia come disciplina
continua ad espandersi anche i professionisti di questa disciplina
devono inserire i nuovi stimoli e le nuove possibilità nel proprio
lavoro. Una di queste è la multiculturalità che richiede da parte dei
musicoterapisti la volontà di scoprire forme alternative di sperimentare
il mondo, comprensione della ricchezza della diversità culturale, la
volontà e la sensibilità per esplorarla. La musica può avere significati
diversi per persone diverse ed il musicoterapista dovrebbe essere
pronto ad apprendere quanto più possibile su queste differenze per poter
condividere con gli altri il potere terapeutico della musica.
Bibliografia
Arredondo, P. Multicultural training: A response, The Counseling Psychologist, n.2 1994
Blacking, J.
How Musical is Man? University of Washington Press, Seattle, U.S.A, 1973
Lingle, D.W. & Ridley C.R. Cultural empathy in multicultural counseling: A multidimensional process model, 1996
Rogers, C.R. The necessary and sufficient conditions of therapeutic personality change. Journal of Consulting Psychology, 1957
Ruud, E.
Music Therapy: Improvisation, communication and culture. Gilsum, NH. Barcelona, 1988
In copertina: Guitar and Newspaper – di Juan Gris, 1925 - Museo Reina Sofia, Madrid.