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giovedì 4 aprile 2013

Da www.suonosud.it pubblichiamo...

Verso una musicoterapia multiculturale

Guitar and newspaper  di Antonietta De Vivo
 
I musicoterapisti sono oggi sempre più chiamati a lavorare con pazienti con diversi background culturali a causa dei fenomeni migratori che hanno portato anche i paesi europei ad essere dei melting pot. Essi hanno quindi bisogno di essere consapevoli sia della propria visione del mondo che di quella dei loro pazienti. Questo non è un compito facile considerato che nei programmi di formazione la multiculturalità è un aspetto che non viene solitamente preso nella dovuta considerazione. Molte obiezioni al riguardo potrebbero essere basate sull’idea che basti lavorare in maniera sensibile ed empatica per superare qualsiasi genere di barriera culturale, che basti essere aperti agli altri e riconoscere che esistono somiglianze e differenze.
Le linee guida della American Psychological Association (1993) suggeriscono che dal punto di vista etico gli operatori della salute, e quindi anche i professionisti della musicoterapia, dovrebbero “riconoscere la diversità culturale, comprendere il ruolo svolto dalla cultura e dall’eticità, capire l’interazione di cultura, genere e orientamento sessuale con i  comportamenti e i bisogni”
Rogers (1957) riteneva che avere una comprensione empatica della struttura interna di riferimento del paziente e che trasmettere questa empatia fossero due condizioni che devono essere presenti affinché un cambiamento terapeutico possa avere luogo. Sebbene Rogers avesse in mente il counselling e la psicoterapia, tutto ciò è valido anche per la musicoterapia. Si può essere decisamente d’accordo sul fatto che un’empatia generica non è sufficiente quando si lavora con una popolazione multietnica. L’empatia culturale, così la si potrebbe definire, è diventata un’altra “condizione necessaria” a causa dei contesti multiculturali nei quali ci si trova ad operare.
Due autori, Ridley e Linge (1996), sostengono che questo tipo di empatia è diversa da quella generica e non può essere un automatismo in quanto “le differenze nello sviluppo e nella socializzazione tra un counsellor e un paziente risultano in differenze nell’elaborazione dell’informazione e nell’espressione del sé”. Gli stessi autori considerano due categorie di empatia culturale: nomotetica (le norme culturali di un particolare gruppo) e idiografica (la realtà culturale personale del paziente). Bisogna sottolineare, inoltre, che all’interno dello stesso gruppo di persone culturalmente simili esistono differenze. Basti pensare alle regioni italiane che, pur condividendo gli stessi stilemi e valori nazionali, costituiscono un esempio calzante di differenze culturali a volte molto spiccate.  Ridley e Linge suggeriscono, inoltre, di bilanciare i due aspetti per avere maggiori informazioni sul paziente.
L’antropologia musicale (o etnomusicologia) studia la musica “nella” cultura e “in quanto” cultura. Questa disciplina offre utili contributi al musicoterapista che lavora in un ambito multiculturale. Generi di musica diversi che provengono da periodi diversi o paesi diversi sono espressione di modi originali di concepire la musica e di specifiche funzioni che la musica assolve all’interno dei vari contesti culturali. Alan Merriam ha dato un forte impulso agli approfondimenti antropologici sulla musica come fenomeno culturale elencandone dieci funzioni (stimolo alla risposta fisica – forma di comunicazione – linguaggio delle emozioni – rappresentazione simbolica – rinforzo della conformità alle norme sociali – convalida delle istituzioni sociali e dei rituali religiosi – contributo  alla continuità e alla stabilità della cultura – contributo all’integrazione sociale –godimento estetico – intrattenimento) e sottolineando quanto essa sia parte dei significati condivisi da una comunità.
Consideriamo,  ad esempio, lo scenario di un musicoterapista che debba lavorare con un anziano paziente asiatico del quale gli è stato riferito che ama molto le  canzoni che fanno parte della sua storia personale. Il musicoterapista fa una ricerca su queste canzoni e ne impara alcune. Nel momento in cui deve incontrare il nuovo paziente, gli si siede accanto, cerca il contatto visivo, gli sorride e canta e cerca di esplicitare la sua partecipazione nelle attività musicali. Questo non sarebbe considerato un comportamento insolito o inappropriato in molte pratiche musicoterapeutiche. Tuttavia il modo in cui esprime la propria empatia, incluso il contatto visivo, che nella cultura italiana potrebbe essere considerato come una dimostrazione di interesse, preoccupazione, attenzione, potrebbe essere interpretato, nelle culture dei paesi asiatici, come inappropriata e come una mancanza di rispetto.
Patricia Arredondo, che da tempo lavora nell’ambito del counseling multiculturale, ci suggerisce che l’empatia ha diverse forme di espressione e significato nelle diverse culture. Pertanto si potrebbe affermare che l’empatia culturale è un concetto dinamico che viene sperimentato a livello emotivo, cognitivo e di comportamento. E che è necessaria nell’esperienza terapeutica.
La nostra visione del mondo ci informa di cosa è ritenuto “normale” nella nostra cultura, ma le norme culturali possono variare sensibilmente, come visto nell’esempio sopra riportato. Nella cultura occidentale l’individualismo è considerato come segno di maturità ed indipendenza mentre in altre, come quelle asiatiche, la collettività è considerata maggiormente importante. Il rispetto per gli anziani e le gerarchie, fondamentali nelle società confuciane, hanno un posto diverso nella scala di valori occidentale. E’ quindi necessario che il musicoterapista diventi familiare con la visione del mondo del paziente per applicare interventi terapeutici nel quadro del corretto contesto culturale.
Un ulteriore problema è posto dalla percezione della musica come linguaggio universale a causa della sua capacità di comunicare ed evocare potenti emozioni. Alcuni etnomusicologi e, nello specifico della musicoterapia, Even Ruud (1988) sostengono che la musica sia percepita simbolicamente e che, quindi, non sia un linguaggio, cioè che il suo contenuto non venga trasmesso attraverso la musica ma che sia piuttosto l’ascoltatore ad attribuire un significato simbolico a ciò che ascolta. Altri autori come Blacking (1987) sostengono, di contro, che la musica può trascendere le barriere culturali ed essere compresa al di là delle diverse etnicità in quanto gli esseri umani posseggono un repertorio comune di stati somatici e funzioni cognitive e possono quindi condividere una trascendenza di tempo, luogo e cultura. Tuttavia se ciò è vero non è possibile negare l’importanza delle associazioni extra musicali ad essa collegate che fanno sì che i riferimenti culturali siano diversi. Tradizioni, rituali e ruolo della musica nelle diverse culture devono necessariamente essere prese in considerazione. Questo aspetto, affascinante per tutte le implicazioni e i campi che potrebbero essere indagati, deve essere considerato attentamente dal musicoterapista nel suo lavoro in ambito multiculturale altrimenti rischia, come suggerito da Ruud, di “ridursi a fornire un nuovo linguaggio o un nuovo modello”.
Man mano che il campo di azione della musicoterapia come disciplina continua ad espandersi anche i professionisti di questa disciplina devono inserire i nuovi stimoli e le nuove possibilità nel proprio lavoro. Una di queste è la multiculturalità che richiede da parte dei musicoterapisti la volontà di scoprire forme alternative di sperimentare il mondo, comprensione della ricchezza della diversità culturale, la volontà e la sensibilità per esplorarla. La musica può avere significati diversi per persone diverse ed il musicoterapista dovrebbe essere pronto ad apprendere quanto più possibile su queste differenze per poter condividere con gli altri il potere terapeutico della musica.
Bibliografia
Arredondo, P.  Multicultural training: A response, The Counseling Psychologist, n.2 1994
Blacking, J.  How Musical is Man? University of Washington Press, Seattle, U.S.A, 1973
Lingle, D.W. &  Ridley C.R. Cultural empathy in multicultural counseling: A multidimensional process model, 1996
Rogers, C.R. The necessary and sufficient conditions of therapeutic personality change. Journal of Consulting Psychology, 1957
Ruud, E.  Music Therapy: Improvisation, communication and culture. Gilsum, NH. Barcelona, 1988
In copertina: Guitar and Newspaper – di Juan Gris, 1925 - Museo Reina Sofia, Madrid.

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