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venerdì 12 febbraio 2010

LABORATORIO DI MUSICOTERAPIA a Catanzaro

Da www.calabrianotizie.it 13 gennaio, 2010
Al via il progetto di musicoterapia per un gruppo di donne over 60 – Iniziativa “pilota” dell’assessore Tommasina Lucchetti con Francesca Prestia – Viene così riattivata la memoria acustica e stimolata quella motoria CATANZARO – Un laboratorio di Musicoterapia in città non può che essere una buona notizia, oltre che una vera risorsa considerando che tante patologie psicologiche e psichiatriche sono anche frutto delle difficoltà di relazione. Nell’attuale e purtroppo diffuso clima di disgregazione sociale, instabilità economico-politica, confusione dei valori, la problematica comunicativa si inasprisce. Senso di smarrimento e mancanza di riferimenti determinano esclusione, isolamento in mondi o spazi paralleli più gratificanti. Sono queste considerazioni che hanno indotto l’assessore alle Pari Opportunità, Tommasina Lucchetti (che oggi traccerà il resoconto delle attività svolte dal suo settore nell’anno 2009), di riconosciuta sensibilità, a promuovere in collaborazione con Assoformac, un nobile progetto pilota di Musicoterapia per un gruppo di donne over 60. Un’iniziativa nata dall’osservazione dei bisogni del territorio (in particolare la zona sud città) e quale risposta alla richiesta d’aiuto del mondo femminile in età avanzata e con disabilità. «Con la rapida trasformazione del modello familiare – spiega l’assessore – è innegabile che gli ‘over 60′ stiano conoscendo una nuova forma di isolamento e marginalizzazione, diventando sempre più difficile e raro l’incontro intergenerazionale, lo scambio di esperienze e il trasferimento dei saperi. Il progetto di Musicoterapia è rivolto a signore e anziane che una volta la settimana, per due ore, possono contare su uno spazio “speciale” in cui trovare ascolto, amicizia e conforto. Ognuna di loro qui narra la propria storia (chi ancora la ricorda ed è capace di raccontarla); storia che torna ad avere senso e valore. Si intona un’antica ninna nanna. Riaffiorano traumi d’infanzia, abbandoni, scomparse. Si ri-ascolta e si ri-canta. Si raccontano gli sforzi per superare difficoltà personali e familiari. Si balla con “La casetta in Canadà” in sottofondo. Riecheggiano vecchie melodie. Poi ecco l’amatissimo valzer. Anche chi non è aiutato dalla memoria, sorride, sussurra versi di un brano che ritorna inconsapevolmente. Ci si abbraccia e si danza. Tutte sembrano tornare giovani». «Con l’impiego della musica – racconta invece Francesca Prestia, musicista, appassionatissima cantastorie ed entusiasta responsabile del progetto – le donne entrano in contatto con se stesse, le loro emozioni e le altre persone. Sentono di aver vissuto e di essere vive. Nei fatti viene riattivata la loro memoria acustico-musicale e stimolata l’attività senso-motrice rendendo più vivi i colori dei ricordi sbiaditi dal tempo. Un tempo che non perdona e procede inesorabile. Spesso è inevitabile pensare e parlare della morte, col clima che si fa triste, cupo. Ognuna confessa di pensarci e di averne paura. Così si discute delle strategie per esorcizzare la preoccupazione, vincere lo sconforto. Si constata, realisticamente, che la morte è naturale conclusione del ciclo vitale. E che, nel frattempo, sarà meglio cantare e ballare allegramente insieme. La musicoterapia è questo: uno spazio/tempo speciale entro il quale trovare sollievo e benessere. Un’isola magica entro cui ricercare e riscoprire risorse e potenzialità sopite, mortificate, negate». Che la musica abbia poteri curativi, taumaturgici, terapeutici (oltre che psicologici, evocativi, espressivi, comunicativi, ontologici). Che l’ascolto di note, melodie, ritmi, scale, progressioni, possa stimolare le le aree corticali spingendo all’azione, alla riflessione, al riposo, all’estasi. Oppure possa pungolare positivamente specifici organi vitali e migliorare lo stato d’umore di una persona, alleviando il “bleu dans l’ame” e guarendo le cicatrici dello spirito: ciò da tempo, sin dai “Dialoghi” platonici e dal “De Musica” di Agostino, non è un mistero. Che il significato inconscio delle partiture possa corrispondere al significato inconscio della vita, rimane una grande questione su cui indagano neuropsichiatri, filosofi, musicologi. Così come l’idea che la musica possa riferirsi all’essenza. Che la sua voce provenga dal cuore delle cose. Da una misteriosa unità originaria. Anzi, come sosteneva Nietzsche, che venga prima delle cose stesse. Come lingua primordiale. Come universale “ante rem”. Per stare alla psicoanalisi, ai rapporti tra arte e psicopatologia, e al mondo femminile, altra suggestiva teoria è che il significato inconscio della musica sia essenzialmente dato dal recupero della situazione intrauterina, concepita come paradiso perduto originario, prima della “catastrofe” del parto. Il ritmo musicale evocherebbe dunque le pulsazioni cardiache della madre, percepite dal neonato. C’è di che riflettere. E di che sperare…
Roberto Messina
Gazzetta del sud

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